lunedì 18 maggio 2015

Introduzione alla Diarioterapia


Introduzione.

Il titolo della tesi per il conseguimento del Master in Counseling è "La diarioterapia: un viaggio alla scoperta del Sé”.
Fin dal primo incontro con la mia tutor, il counselor che avrebbe supervisionato la tesi, fu chiaro che le carte per esplorare questo potente mezzo di auto-conoscenza, la diarioterapia, le avevo tutte. L'aver pubblicato un libro con forti spunti autobiografici, mi ha permesso di esperire sulla mia pelle quanto può far bene sedersi e scrivere sulla propria vita, narrare le esperienze che ci hanno segnato o che ci stanno segnando. Scrivere è come seguire un fiume che scorre, tanto è ricco il flusso dei pensieri che si affacciano nella nostra mente quando, finalmente, perché non è un esercizio poi così facile e ne tanto meno spontaneo, quando finalmente ci decidiamo a raccontarci. Raccontarsi nella diarioterapia è come aprire uno scrigno su cui il tempo ha posato la sua polvere e lasciato segni profondi. A pensarci bene quanto possono essere preziose le nostre memorie? Quanta importanza diamo alle memorie che come foto riempiono l'album della nostra vita? E' una considerazione, anche questa, non sempre poi tanto ovvia. E' una considerazione che non a tutti viene in mente. Anche questo, in un certo qual modo, appartiene al mondo dell'intuizione, quell'intuizione che ha accompagnato la trama della mia vita e che ho raccontato, rispettando la privacy dei miei cari, nel mio libro dal titolo, per l'appunto, L'Intuizione.
Sedersi e scrivere, quindi, è un momento della memoria, è afferrare il coraggio a due mani e decidersi di aprire lo scrigno che conserva ricordi, immagini, nostalgie, gioie e dolori. A volte, come è capitato a me, il coraggio viene a mancare, il respiro viene trattenuto. Legati gli uni agli altri, come i grani del rosario, i ricordi rimossi possono venire a galla nel viaggio della diarioterapia e spesso le parole per riportarle sul foglio bianco ci sfuggono, aleggiano nell'aria. Ci domandiamo se vale la pena raccontare anche quel particolare all'apparenza insulso, importante solo per noi, attori protagonisti di quel momento, quell'emozione, quella che sentimmo allora, riuscirà a ri-vivere nelle parole?
Con queste prime considerazioni mi avvio a compilare la tesi finale per il conseguimento del Master in Counseling il cui argomento è la diarioterapia.
Un'altra considerazione riguardante questa tesi e il mio primo libro è che entrambi questi due momenti molto formativi della mia vita, mi hanno dato modo di esprimere e divulgare agli altri, al mondo che mi circonda, quell'aspetto di me dedito all'introspezione che esercitavo attraverso la scrittura, in privato, quando sentivo il bisogno di raccogliermi e di accogliermi. I frutti di questi momenti sono tutti gelosamente riportati in tanti diari, quaderni, agende, che da anni e anni, praticamente dall'età di 11 anni, mi accompagnano nei miei traslochi e nel viaggio della mia vita, raccontandone i momenti più significativi, come i primi amori, le prime esperienze. Le gioie e i dolori, in egual misura, erano (e lo sono) per me fonte d'ispirazione. Mi viene da soffermarmi, oggi come oggi, che mai, proprio mai, ho sentito il bisogno di rileggermi, di reincontrarmi nei miei scritti. Qualche volta, è vero, ne ho preso qualcuno per mostrarmi ai miei figli, e nel leggere loro qualche paginetta, mi sono fatto scoprire nella mia adolescenza, e scendendo dal piedistallo del genitore da cui, a volte, ci conviene dominare la scena familiare, mi sono avvicinato alla loro adolescenza, alla loro giovinezza.

Mentre raccontavo alcuni aspetti della mia gioventù, leggendo dai miei diari, sentivo che i miei figli si interessavano a me, alla mia vita, in un modo nuovo, percepivano che anche io, tanto tempo fa, ero stato come loro lo sono adesso. Anche quella circostanza è stata per me un momento importante per essere vero, non solo come papà, per essere vero come persona. Dei miei genitori, invece, non so molto. Il più delle storie che li riguardano, del loro passato, l'ho appreso per via terze. Non hanno mai amato raccontarsi, il loro censurarsi mi ha spinto a riflettere che per loro, per i miei genitori, ricordare equivarrebbe a smuovere gestalt dolorose e mai chiuse. Meglio tacere e dimenticare. Il mio libro, sotto questo aspetto, invece, riporta alla luce quelle verità mai pronunciate, soprattutto riporta alla luce quei segreti che incatenano le famiglie e il cui potere sta proprio nel fatto di essere dei segreti. Svelandoli alla calda e solare luce del giorno, i segreti escono dal buio doloroso della notte dell'anima, e i segreti non sono più segreti, le persone non sono più incatenate le une alle altre, padri con figli, fratelli con sorelle. Il mio libro è stato un atto di coraggio, soprattutto nello svelare ciò che fino ad allora era segreto e potente. La misura era colma quando iniziai a scriverlo.



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