martedì 27 ottobre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo primo
Paragrafo primo


Che significa “... una relazione seria”? Con questa domanda Alex formulò il primo pensiero di quel lunedì che a vedere dalla luce che filtrava dalla finestra si preannunciava sereno e giustamente caldo. Erano gli ultimi giorni di agosto e probabilmente sarebbero stati anche quelli che avrebbero definitivamente conclamata la fine di un'estate manifestatasi piovosa, fredda e inutile. Quel pensiero si collegava a uno dei tanti che l'avevano accompagnato, la sera prima, nel suo scivolare piano piano nel mondo dei sogni e come percorrendone un lungo filo, sembrava che il sonno non avesse interrotto il ruminare della mente sul concetto di “relazione seria”. Poco prima di abbandonare, ma solo per quella giornata, il social network con cui intratteneva le sue relazioni virtuali, un messaggio pubblicato da un utente, l'aveva infastidito, sentiva una leggera stizza verso quelle quattro parole. Un fastidio che giunse a manifestarsi addirittura nel corpo, proprio sotto lo sterno, fino a fargli sentire un senso di vomito. Il rifiuto verso quel concetto era talmente forte che emergeva fino a raggiungere la dimensione della fisicità. Il messaggio era stato pubblicato, da una donna, sulla bacheca di un gruppo dall'eloquente nome di “AAA Amore cercasi” dove l'oggetto del desiderio dei membri era più che inequivocabile. Il messaggio diceva “Cerco una relazione seria”. Quattro parole.

“Ma io voglio scherzare, ridere, giocare, divertirmi, che me ne faccio di una relazione seria?” pensò Alex facendo svolazzare con un rapido gesto le lenzuola e mettendosi a sedere sulla sponda destra del letto. Sentì il freddo del pavimento sotto la pianta dei piedi e passandosi distrattamente la mano dietro la nuca, come a riordinarsi le idee e prepararsi alla giornata, diede uno sguardo alla finestra cercando di immaginare come sarebbe stato il tempo e controllò l'orario sulla radiosveglia. “Come mai non aveva suonato?” certo, intuì Alex, “sono sicuro che non sono ancora le sette”. Guardò meglio la radiosveglia, mancava ancora un minuto alle sette, l'ora a cui l'aveva impostata la sera prima, e Alex aveva anticipato la radiosveglia, tanto per cambiare.

Si avviò in bagno e aprì i rubinetti così che l'acqua scrosciasse forte. Cercava di avviarsi ad un ritmo fisico e mentale che fosse in linea alla giornata che lo attendeva, la sua agenda marcava una giornata fitta di impegni. Il rumore dell'acqua gli sarebbe servito a riprendere vigore e avrebbe contribuito al suo risveglio ancor prima di affondare il viso nel palmo delle mani ricolme di fresca acqua. Appoggiò le mani al lavandino e porgendo il viso allo specchio iniziò a farsi piccole smorfie. Arricciò il naso, tirò fuori la lingua e poi alzò il mento un po' a destra, di nuovo allo stesso modo verso sinistra. Sembrava tutto a posto, nessuna ruga nuova in vista. Ci si poteva svegliare del tutto e avviarsi di giusto umore verso una buona giornata. Era pur sempre lunedì.

Aveva ancora nella mente il sogno di quella notte, probabilmente era l'ultimo, quello che più di altri galleggia ancora sulla superficie dell'inconscio prima di perdersi definitivamente nelle estreme pieghe dell'oblio e che riusciamo a trattenere solo con un volontario intento teso a fotografarlo nella memoria. I temi di quel sogno si collegavano, seguendo una bizzarra quanto alchemica scia, a quel concetto di “relazione seria”. A dire il vero, la sua mente ancora rimuginava lentamente ma incessantemente su quel sogno, come le pale di un mulino a vento, che per quanto possano girare lente, ad ogni avvicinarsi al suolo producono quel movimento d'aria udibile anche da grande distanza: PLUFF, PLUFF, pluff. Oramai quella situazione aveva era divenuta una farsa: “... relazione seria cercasi ...”.
Il tema centrale di quel sogno era il suo professore di fisica, ma non uno a caso, proprio quello del college, quello stranissimo e inconfondibile personaggio che si aggirava nei corridoi e tra le classi della scuola dove Alex aveva conseguito la maturità. Proprio lui, in persona, quella notte, gli si presentò in sogno. Nella realtà, come nella dimensione onirica, ma qui in maniera molto più accentuata, il professore si distingueva per il suo humour un po' all'inglese, distaccato, frutto però di un'intelligenza a dir poco proverbiale. Era solito prendersi gioco delle regole e delle formalità che regnavano nell'ambiente accademico. Specie nella maggior parte delle situazioni egli se ne scherniva con un suo tipico fare saceto che indispettiva i colleghi. Insomma là dove ci si aspettava che il professore si comportasse da adulto saggio ed educato egli, invece, in ottemperanza ad una morale tutta sua che abbatteva qualsiasi norma che si dovesse rispettare per il semplice fatto che fosse una norma, metteva in campo le sue scherzose battute, dimostrando quanto si potesse, invece, fare di più per gli studenti, per la scuola, facendo a meno di rispettare inutili quanto antiquate condotte scolastiche dettate da “ineccepibili”, così amava definirli il professore, codici interni. In effetti le sue battute e il suo modo di relazionarsi in ciò che venivano banalmente definite “cose serie” dimostravano la volontà di mettere a nudo verità importanti e di voler destrutturare quei schemi votati al fallimento di cui era piena la cosiddetta “politically correct” scolastica.


Nel sogno il professore l'aveva invitato a salire con lui sul palco del congresso dove egli avrebbe tenuto una importante conferenza, proprio nell'aula magna dell'università. Stranamente Alex aveva appena rinunciato a partecipare a quel congresso, e adesso, invece, ne riceveva l'invito da una personalità influente, importante, qual'era quella del professore. Sarebbe stato sufficiente prenotare il biglietto, la poltrona, e invece aveva deciso di starsene lontano. Addirittura si era proposto, come a volersene sottrarre, di andare a parcheggiare l'auto di un amico, che aveva delle difficoltà familiari per recarsi al congresso. Alex nonostante rinunciasse alla partecipazione di un evento importante si prestava ad aiutare un amico a parteciparvi, che poi tanto amico, nella vita reale non lo era mai stato. Comunque nel sogno, appena gli eventi iniziano ad accavallarsi, Alex dimenticò di rendere il servigio del parcheggio al suo amico. Qualcosa lo distrasse. Una gabbia con dei pappagallini apparve davanti a suoi piedi, avrebbero dovuto essere due, soltanto due pappagalli, come nella gabbia sul terrazzo di casa sua, invece ce ne erano quattro e in più, apparivano più grandi, come cresciuti. Mentre si discuteva come trovare una soluzione al parcheggio della macchina dell'amico, le parole si accavallarono allo stupore di veder raddoppiato in numero degli uccellini e ci fu un attimo di confusione, in quell'istante appare sulla scena un'altra persona.


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